La Rete Imbavagliata
A generation
which ignores
history
    has no past ...
    and no
future.
      Robert A. Heinlein

  Nel maggio '94 lo scenario italiano delle reti telematiche di base viene travolto da una forte ondata di repressione poliziesca. Il bersaglio sono le cosiddette reti a "Tecnologia Fidonet". Questo tipo di reti esiste in tutto il mondo dal 1984 per offrire una alternativa economica e accessibile a chi vuole scambiare informazioni e messaggi senza sostenere gli alti costi che si rendono necessari per collegare un computer all' Internet 24 ore su 24.

 Sono molte in Italia le reti che fanno uso di questo tipo di tecnologia: oltre a Fidonet, la prima di queste reti, nata nell'84 in California e subito esplosa in tutto il mondo, troviamo Cybernet, che da' voce all'underground digitale e ai centri sociali, fino ad arrivare a Peacelink, rete ecopacifista che nasce come rete a "tecnologie povere" per aprirsi in un secondo tempo anche all' Internet.

  L'11 maggio 1994 le procure di Pesaro e Torino fanno scattare un'indagine relativa a due presunti pirati di software: e' l'inizio di una reazione a catena che prende il nome di operazione "Hardware 1", la piu' grossa azione di polizia informatica della storia. Vengono chiusi e sequestrati decine di nodi italiani della rete FidoNet, nonostante i programmi contenuti al loro interno siano liberamente distribuibili e non coperti da copyright. Con una reazione a catena, l'azione si sposta sulle altre reti: vengono sequestrate dozzine di computer e incriminati numerosi operatori di sistema (sysop) sulla base del sospetto e dell'ignoranza di cosa avvenga in realta' su una rete telematica.

 Le interrogazioni parlamentari in merito a questa vicenda iniziano a moltiplicarsi, cosi' come gli appelli in rete e sui giornali. Lo stesso Presidente Scalfaro viene raggiunto da una lettera in cui si chiede di prendere in considerazione la gravita' dei sequestri, firmata da CPSR (Computer Professionals for Social Responsibility), una fondazione statunitense che dal 1981 occupa di affidabilita' e rischio dei sistemi informatici militari, liberta' civile e privacy.

NUOVE IPOTESI SULL'ITALIAN CRACKDOWN

A distanza di quattro anni da questa vergognosa ondata di sequestri,passata alla storia col nome di "Italian Crackdown", ci sono buone ragioni di pensare che l'ondata di sequestri sia stata causata da un infelice matrimonio tra la scarsa preparazione tecnica delle forze dell'ordine e gli interessi di BSA, Business Software Alliance, la lobby dei potentati informatici nata nell'88 da un cartello di aziende formato da Aldus, Asthon-Tate, Autodesk, Lotus Development, WordPerfect e naturalmente Micro$oft.

 In Italia, tra le iniziative piu' discutibili sollecitate dalla BSA va ricordato l'invito alla delazione pubblicato a pagamento per diversi giorni su giornali economici e quotidiani a grande diffusione nazionale. In questi annunci, con lo slogan "Copiare software e' un delitto. Aiutaci a combattere la pirateria!" si invitava a spedire a BSA un modulo prestampato o a chiamare un numero verde, indicando nomi e indirizzi di soggetti non in regola con la legge sul software, dal vicino di casa all'avversario politico.

  In seguito a questa iniziativa datata 1992 e ad altre campagne nell'anno seguente, la BSA ha potuto realizzare un archivio di 400 indirizzi, grazie al quale ha istituito una serie di esposti presso la magistratura, che con prontezza ha comminato multe e sequestri a privati e aziende come la Lavazza, la Montedison e l'Ente Fiera di Milano. Al contrario di quanto assicurano i responsabili BSA, sembra che questa organizzazione faccia uso spesso e volentieri di strutture investigative (private e non) per poter raccogliere elementi utili per i propri esposti alla magistratura.

 La BSA e' anche il soggetto principale delle spinte lobbistiche che hanno portato all'approvazione del decreto legislativo 518/92, una integrazione relativa alla questione del software della precedente normativa sul diritto d'autore. Sulla 518/92 e sulle pressioni che ne hanno favorito la nascita si sono espressi anche Renzo Ristuccia e Vincenzo Zeno Zencovich, in un testo dal titolo "Il software nella dottrina, nella giurisprudenza e nel D.LGS. 518/92", edito dalla Cedam di Padova nel 1993. In questo testo si legge come la rapidita' di approvazione del decreto " ... fa ritenere che sicuramente il testo del decreto legislativo fosse da tempo pronto e che attraverso la delega al governo si sia tagliato corto al dibattito parlamentare, evitando persino il parere delle Commissioni competenti, non previsto dalla legge delega. Il metodo e' certamente singolare e discutibile anche sotto altri profili. (...) Il decreto chiude per l'Italia un dibattito ventennale sulla tutela giuridica dei programmi per elaboratore elettronico. E' stato un dibattito condotto con toni insolitamente accesi e che ha visto gli operatori del diritto anteporre, forse piu' del lecito, gli interessi di una categoria imprenditoriale all'analisi razionale degli strumenti giuridici utilizzabili".

INTERESSI DI CATEGORIA

Sono proprio questi interessi di categoria che avrebbero portato ai sequestri del '94, con i quali si e' "sparato nel mucchio" della telematica sociale di base con l'effetto di far nascondere ancora di piu' i veri pirati, resi piu' cauti dopo l'ondata di sequestri, e colpire decine di liberi cittadini colpevoli unicamente di aver scelto la telematica come mezzo per la comunicazione e la creazione di comunita' virtuali in rete. Sono molti i segnali che danno l'impressione di un coinvolgimento della BSA: sfogliando tra i testi dell'area messaggi SYSOP.ITA, un gruppo di discussione trasversale che ha chiamato a raccolta piu' reti attorno all'emergenza sequestri, troviamo numerosi dettagli che sembrano avvalorare questa ipotesi: ad esempio le testimonianze dirette di molte vittime di sequestri che hanno visto arrivare la finanza in casa propria con gli opuscoli BSA in mano utilizzati come "manuale operativo" per lo svolgimento delle perquisizioni.

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