Archive for the 'vita' Category
fermoimmagine
io mi trovavo dentro la macchina. o meglio, la macchina, la mia ford fiesta, pagata coi miei soldi, guadagnati col mio lavoro, era fuori di me.
il mio computer era in camera. spento.
le mie chitarre.. una a manoppello, e due a casa mia.
emiliano .. a londra (credo)
sul cellulare avevo: qualcosa come 20 centesimi.
nello stomaco avevo: praticamente niente
i miei coinquilini: uno in cucina, davanti al tg e un bicchiere di vino. l’altro a dormire.
mia cugina paola? a udine, credo. col uaglione
i miei? a letto, o forse dormienti sui divani davanti la tv.
roberto? a roma
roberto? a forlì
trolls e benny? a bologna
sta’ a vedere che erano le 1:11 dell’11/11/11
4 commentsUn sabato italiano
Figlia: Mamma… Io me ne vado di casa.
Madre: Se te ne vai, mi viene un attacco di cuore, lo sai com’è fatto il mio cuore, e quanto ho bisogno del tuo aiuto con le medicine e tutto il resto.
Figlia: Tu hai il pensiero della tua salute e credi di non potercela fare senza di me.
Madre: Sicuro, che non posso! Sta’ a sentire, io sono stata buona con te in tutti questi anni, e adesso tu prendi su e te ne vai, e mi lasci qui a morire. Se hai di questi sentimenti per tua madre, va’ pure.
Figlia: Secondo te, per il fatto che mi hai aiutato da bambina io dovrei ripagarti restando qui e rinunciando alla mia indipendenza e a vivere per conto mio.
Madre: (Stringendosi le mani al cuore) Mi è venuta la tachicardia proprio adesso. Sto per morire, e sei tu che mi fai morire, ecco!
Figlia: C’è niente che vorresti dirmi prima di andartene?
di brutto.
appena uscito dal lavoro sono andato a Abruzzo Motori per raggiungere Mauro
poi sono salito in macchina sua e siamo andati insieme a Lanciano, a casa di Marco
portavo con me 6/7 (sei settimi) di tiramisù fatto da Zia Gina.
lungo la strada abbiamo preso una bottiglia di vino rosso.
siamo arrivati e.. praticamente abbiamo mangiato subito.
ho mangiato un frammento di bruschetta con non-so-che sopra.. ma era troppo piccante, e l’ho devoluta a Mauro.
poi cous cous, carne bollita, patate, salame..
la cosa insolita è che alle 20:30 praticamente la cena era finita. mi sembrava incredibilmente presto. ma era vero.
poi caffè. poi tiramisù di zia Gina.
e poi.. due chiacchiere. c’era anche la ragazza di Marco, che ormai si occupa anche lei della “cosa” di Marco, ossia dell’etichetta musicale da lui creata.
mi sembra una cosa così teneramente bella.
ho capito diverse cose. ma non le ho capite stasera. le ho capite bene da qualche giorno.
e stasera le ho solo applicate.
ho capito che quando mi scopro ad essere isolato (e annoiato), frustrato, non è sempre colpa degli altri.
questa sera c’erano probabilmente le condizioni giuste perché io fossi facilitato nell’uscire fuori.
la ragazza di Marco (silvia) prima che ce ne andassimo mi ha detto “allora una di queste sere magari io e Marco veniamo a pescara, e ci facciamo un giro insieme (a te) tra i vari locali per vedere dovere fare il “release party””.
generalmente mi ritrovo sempre tenuto in disparte da molte cose. come se fosse chiaro “che io non me ne posso occupare”.
io detesto essere passivo davanti agli eventi. vorrei essere coinvolto, sentirmi vivo, sentirmi parte di una squadra e avere un qualcosa da condividere.
ecco perché trovo che sia stato molto bello quando mia cugina è andata a casa della madre del uaglione, e come prima cosa,  lei l’ha messa a apparecchiare.
ha subito rotto il ghiaccio, l’ha fatta sentire “a casa sua”.
ecco perché questa sera sono tornato da casa di Marco con 5 CD e un vinile.

http://991.com/NewGallery/Faust-Disconnected-479358.jpg

http://claroimeridiano.files.wordpress.com/2011/01/84aebe0e992fbdc6f3cff62dfc1c03cb_full.jpg

http://www.deambularecords.com/wp-content/uploads/2010/12/Pineda-COVER-LP.jpg
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memory check
sai.. quando parti, e ti vengono le insicurezze, le paranoie.
voglio riabbracciare i miei cari (cit.)
mi ero promesso di fare una passeggiata con papàquesto sabato. poi l’ho anticipata a stamattina.
ma non abbiamo fatto una passeggiata tradizionale. siamo stati la mattina insieme.
gli ho chiesto se aveva voglia di venire a casa mia e mettere due tasselli per appendere un quadro.
e lui c’è venuto volentieri.
una cosa del genere poteva anche essere vista in maniera negativa. come dire: io ti sfrutto. ma non è questo. io l’ho fatto per te. perché so che ti fa piacere.
la macchina di papàstava al parcheggio dietro il tribunale vecchio.
mentre camminavamo verso la macchina, ho intravisto la zingara di turno.
e ho pensato “chissàche dialogo scontroso (nel senso di freddo) avranno se lei prova ad attaccare bottone con mio padre”.
a 1 metro dalla macchina, la zingara ha chiesto “signore, va via?”
mio padre “che premio mi dà?”
e hanno fatto un breve scambio di frasi, al seguito delle quali entrambi hanno riso, e come per miracolo la zingara ha parlato con parole che io non avrei mai immaginato.
mi sembrava una signora.
sono salito in macchina. stupito ancora una da volta da come erano errati i miei pregiudizi.
nel frattempo, ho sentito la zingara tornare in sè, e dire ad una signora qui vicino (signora che voleva il resto), lo stesso discorso che fece a me tipo l’anno scorso “tu.. sei un bravo ragazzo, lavoratore, ma c’hai un pensiero in testa”…
siamo arrivati a casa mia, e io giàavevo fantasticato di proporre a papàdi restare a pranzo lì, da soli io e lui, visto che avevamo la spesa in macchina e mamma restava al mare con la nonna.
abbiamo messo i tasselli.
anzi, direi piuttosto che ho imparato delle cose.
ecco perché il normale chiodo non entrava. l’intonaco era troppo poco spesso, c’era subito il mattone. ci voleva per forza il trapano.
non mi sono innervosito per niente. in genere in queste situazioni mi viene da fare le cose di fretta, voglio che le cose finiscano presto e bene, e mi innervosisco se sono costretto a “rallentare”.
stavolta no. complice, probabilmente, anche la lontananza dall’ufficio. che sto man mano definendo sempre più chiaramente come un luogo dove la mia vita diventa più brutta.
poi, visto che papàera lì, mi è venuta voglia di fare altre cose con lui.
volevo aggiustare la zanzariera, ma mancava un pezzo.
abbiamo rimesso le tende in camera mia. sono rimasto stupito dal fatto che i “pezzi” ci fossero tutti, sparsi per il balcone, e che miracolosamente niente era stato buttato.
ho proposto a papàdi pranzare lì, ma evidentemente non è stato molto entusiasta. e io ovviamente non ho insistito.
durante il viaggio di ritorno verso casa “nostra” ho chiesto timidamente a papàalcune cose. non ho fatto proprio precisamente le domande che avrei voluto.
abbiamo pranzato insieme. pasta con pesto e ricotta. mi sono abbottato, non ho voluto cucinarmi l’hamburgher. ma gli ho fatto il caffè. sto imparando a mettere sempre un po’ più di acqua, in modo che quando il caffè esce arrivi quasi al “limite” anziché fermarsi troppo presto.
ora lui è in camera sua, nel suo studio. e sta scrivendo mail.
io sono andato da lui e gli ho chiesto qual era il suo brano preferito.
lui si è imbarazzato. mi ha detto “non mi sento”. ha detto che era una domanda difficile.
e poi, è una cosa un po’ “a momenti”.
ovviamente non ho insistito.
allora metto qui un video, perché mi ricordo che quando stavo vedendo con lui una videocassetta.. anzi, la stavo vedendo io, da solo, poi lui si è aggiunto.
era “live in berlin” di roger waters. con lo speciale di red ronnie.
e c’era un video .. sulla caduta del muro.
papàsi era commosso tanto.
httpv://www.youtube.com/watch?v=ZVItPrpZGhU&feature=related
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ieri. e oggi
ieri non volevo restare a casa.
volevo uscire, vedere qualcuno. o magari fare un giro in bici. possibilmente con Paoletto e/o Enrico.
becco Enrico su fb e vedo subito il mio desiderio esaudito:
sono arrivato nei pressi di vinieoli.
ho visto Paoletto che parlava con una ragazza che conosco, e che vedevo millenni fa in quanto amica di mia cugina (poi ho perso i contatti).
ho ben pochi dettagli di questa ragazza. in effetti la conosco veramente poco.
mi ricordo (sempre millenni fa) che io e mia cugina una volta siamo stati a casa sua, ma lei non era ancora rientrata.
allora la madre ci aveva aperto e ci aveva fatto accomodare in salotto.
ogni tanto si affacciava, per controllare se magari I. stava rientrando.
a un certo punto ha detto “eccola! sta tornando”.
e poi ha aggiunto “sta camminando con una camminata… che la triterei da qui”
e, forse per pudore, né io né mia cugina ci siamo alzati per vedere con i nostri occhi. io avrei voluto. non so Paola (mia cugina). la sua camminata è sempre rimasta un mistero.
la seconda volta in vita mia che sono venuto a contatto (nell’ambito di un racconto verbale) di qualcuno che aveva un modo originale di camminare è stato quando sono stato.. forse 1 o 2 anni fa, a casa di A., un tecnico elettronico.
lui non è italiano. la figlia stava in Olanda, e aveva tipo 14 anni all’epoca. mi stava raccontando che la figlia era venuta qui a Pescara a stare qualche giorno con lui. stavano passeggiando sulla riviera.
A. aveva raccomandato alla figlia di fare attenzione mentre attraversava. Lei aveva rispettato questo consiglio, anche se l’automobilista che si era fermato per farla passare aveva visto una quattordicenne fare la ruota sulle strisce pedonali.
vorrei avere una figlia così 🙂
bene.
cmq, ho parlato un attimo con I.
le ho chiesto: “dove hai comprato questi pantaloni?”
lei mi ha detto che li ha presi a Viterbo.
io le ho detto: “sono proprio belli”
lei: “grazie.. non sai quanto è importante per me questo complimento stasera”
chissà. forse stava con un uaglione che le rompeva il cazzo perché “non si vestiva bene”. chissà. ma proprio ieri sera, era importante.
poi mi ha ricordato che da piccoli, a casa di paola, ci menavamo regolarmente. me l’ero scordato. ci siamo ripromessi di fare a botte quanto prima.
—
stamattina ho fatto colazione con ferc.
al bar Mixer. 2 cappuccini e un cornetto.
ma il tizio ha chiesto “che ti porto Francé?” (rivolto solo a ferc).
mi è stato in culo, come al solito, perché secondo me un barista che si trova davanti due clienti dovrebbe dire “che vi porto ragazzi?”
quando pago, in genere, faccio sempre la scenetta di riversare gli spicci davanti alla cassa, compreso il plettro.
qualche giorno fa, G, la tipa del bar, mi aveva chiesto “ma tu suoni?” e altre cose. mi aveva detto che anche il figlio suonava, anche lui quindicenne o giù di lì.
anche stamattina ho riversato gli spicci E il plettro (non avrei potuto farlo se ieri Enrico non me l’avesse ridato), e G. mi ha risposto tirando fuori il plettro del figlio.
se n’era ricordata. forse stava aspettando l’occasione per farmelo vedere.
il plettro suo era più bello. c’era scritto Abbey Road.
1 comment
La custodia
(dalla rivista Chitarre, n. 90, Settembre 1993)
Robert Fripp: “[…] Ricordo che il batterista mi diceva che quando stava a Londra – che era abbastanza inospitale a quel tempo – scoprì che vi erano due tipi di persone che non sarebbero mai state picchiate dalle bande di teppisti locali: le cameriere e i musicisti”.
Vernon Reid: “E’ buffo. Ricordo che quando ero giovane ero solito provare in alcune delle peggiori zone di New York, e nessuno mi ha mai toccato. Ho visto cose piuttosto orribili, ma ne sono sempre rimasto fuori. Semplicemente attraversavo tutte queste scene con la mia custodia per chitarra e non sono mai incorso in alcun problema. Mi sono sempre sentito sicuro per qualche motivo”
Ho sempre ripensato alle parole di Vernon Reid. Ovviamente solo per questa intervista mi potrei classificare come un fan dei Living Colour, anche se non ho mai ascoltato un loro brano, ma posso rimediare presto.
Anche io mi sono sempre sentito protetto dalla mia custodia per chitarra.
La custodia su cui è attaccato un adesivo “TU sei più forte di qualunque droga”.
Un amico mi disse che era una bellissima frase, ma che non era vera.
Beh, difficile dire chi abbia vinto 🙂
Mi piacerebbe saper suonare un brano del genere.
Se fossi improvvisamente circondato da teppisti, potrei dire “ALT fermi tutti.”. Potrei tirare fuori la chitarra e suonare questo pezzo.
Forse mi salverei
httpv://www.youtube.com/watch?v=6lbvSBNLLoo
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jam
secondo me, per le edizioni future, non andrebbero mischiate persone con strumenti elettrici con persone con strumenti acustici
parlo a ruota libera.
ieri avevo forse più bisogno di suonare “io” che di accompagnare.
ma mentre accompagnavo, ho fatto dei paragoni.
mi è sembrato che.. fosse una metafora della vita, quasi.
in cui devi, a volte, supportare gli amici. fare quasi l’operaio di qualcosa (l’operaio-amico, l’operaio-accompagnatore, l’operaio-prestasoldi, l’operaio-autista, …)
ci trovavo un senso di “missione”.
poi però ho dovuto interrompere.
non mi stava piacendo.
sentivo che c’erano note stonate. ma proprio stonate tecnicamente. tra me, gli altri.. forse ero anche un po’ stanco.
e c’era pure qualcuno a cui puzzavano i piedi
e anche questa è una metafora della vita.
ecco quello che faccio, abitualmente, davanti al confronto con la vita :))
rimando, rinuncio. mi metto a guardare.
mi metto ad essere spettatore
ma è così male aspettare il momento giusto per affrontare determinate cose? magari aspettare il momento in cui ti senti non-depresso e invece pieno di vita?
mi resta un ricordo.. proprio per tutte queste cose che ho scritto, mi resta un ricordo di ieri.
No commentspromemoria
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Un genio
o forse semplicemente un ubriacone.
Spesso non sono sicuro di capire. una persona che mi sta parlando, un film, un libro.
Spesso mi sembra che quella tal scena dovrebbe avere, per tutto il resto del Mondo, un significato univoco, chiaro. Ma per me non lo è.
O meglio non mi arriva. E quasi guidato da un’ansia “oddio devo trovare una spiegazione per forza” riesco a trovarne una.
INTRODUZIONE.
Un conferenziere aveva deciso di dimostrare una volta per tutte a un gruppo di alcolizzati che non esiste flagello peggiore dell’alcool. Sul palco, aveva davanti a sé due recipienti pieni di un liquido incolore, apparentemente identici.
Disse che uno conteneva acqua schietta, l’altro alcool non diluito. Mise un vermetto in uno dei recipienti, e tutti video che, dopo aver galleggiato un poco, esso si dirigeva verso la parete del vaso e poi si arrampicava fino all’orlo. Il conferenziere allora lo prese e lo mise nel recipiente pieno d’alcool. Davanti agli occhi di tutti, il verme si disintegrò. “Ecco” disse l’oratore. “Quale morale se ne può trarre?”
Dal fondo della sala si udì distintamente una voce: “Che se bevi alcool ti vanno via i vermi”
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Quale dovrebbe essere il messaggio? Perché io ci ho letto questo:
il conferenziere era sicuro di sè. era convinto di avere la verità, e che la gente avrebbe appreso da lui questa verità. ossia che l’alcool è male.
invece l’ubriacone in fondo alla sala gliel’ha messa al culo. perché ho trovato una cosa bella
 lì dove non era previsto che ci fossero cose belle.
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