Aaron Swartz – articolo by Merc @ Metro Olografix
Aaron Swartz e’ morto. Le due domande sul quale i media si sono focalizzati negli ultimi due giorni sono: Chi era, e cosa aveva fatto?
Invece di dare la solita descrizione di 20 righe scopiazzata da varie fonti in rete, vorrei prendere le cose da un’angolatura un po’ diversa.
Prima di tutto, chi era? Era una persona che combatteva per la liberta’ di espressione, e per la facilitazione di contenuti _pubblici_ online.
Quando aveva 14 anni (14 anni!), era stato parte del team che ha sviluppato RSS 1.0.
RSS e’ un sistema per diffondere titoli, URL e sommari di articoli da diversi siti web. E’ ancora oggi utilizzato, ed e’ — indovinate un po’ — un modo per facilitare la diffusione delle
informazioni. Aveva scritto, in Python, web.py, un sistema per facilitare la creazione di siti “sociali (come Reddit, che lo usava all’inizio, e molti altri che ancora oggi usano web.py). Aveva scritto parte di [Open Library], un sito per leggere, ed editare, testi classici finalmente liberi da copyright (nella speranza che la Disney non continui ad estendere il copyright all’infinito).
Era un membro della Harvard University Center for Ethics, ed ha co-fondato Demand Progress (che ha fatto una forte campagna contro SOPA).
Cosa aveva fatto questa persona, per rischiare 35 anni dietro le sbarre? La versione breve della storia e’ semplice: stava protestando per il fatto che JSTOR non rendeva gli articoli accademici disponibili a tutti senza previo pagamento. La domanda potrebbe essere: e perche’ mai dovrebbero? Sono un business dopo tutto, no? E la risposta e’ secca, non lascia scampo: perche’ sono tutti articoli scritti da accademici in America, pagati con soldi del governo (ovvero la gente che paga le tasse, ricordiamocelo), con l’intenzione di migliorare la cultura mondiale, e non il conti in banca di una ditta privata. Ecco perche’.
Quindi, il giovane (e incosciente) Aaron scopre che i computer dal MIT hanno accesso completo a tutti gli articoli senza pagamento (o, probabilmente, per contratto con il MIT), scrive un paio di script in Python, attacca un suo laptop alla rete del MIT, e comincia a scaricare gli articoli. Tutti quanti. Uno per uno, alla velocita’ di uno script che gira.
Dopo essere stato scoperto, tutti sono imbarazzati: lui si aspettava una multa per violazione di domicilio; JSTOR non poteva _veramente_ lamentarsi del fatto che Aaron avesse “rubato” degli articoli che appartenevano, in realta’, all’umanita’ senza perderci la faccia (e forse anche di piu’). Quindi, hanno fatto cadere le accuse. Il MIT?
Loro non hanno perdonato cosi’ facilmente. Non hanno ritirato prontamente le accuse come JSTOR, probabilmente perche’ non avevano gradito l’idea di essere usati per una battaglia che non gli
apparteneva.
Aaron Swartz non ha fatto nulla di difficile. Chiunque con qualche mese di esperienza di programmazione, e qualche settimana di corso di networking, avrebbe potuto fare quello che ha fatto lui. Ha scritto dei programmini che trovavano gli URL degli articoli, e li salvavano sul disco locale. E’ entrato nel MIT, ha messo un computer in uno scaffale, ed ha lasciato che quei programmini facessero il resto. Non c’era una rete da violare (la rete del MIT e’ aperta di default), non c’erano codici segreti da decifrare (i file erano disponibili).
Per questo, la pubblica accusa americana (che difende in realta’ i diritti delle corporazioni, intendiamoci), voleva assicurarsi che nessuno si permettesse mai piu’, in futuro, di prendere da una rete pubblica degli articoli che dovrebbero essere pubblici di principio.
Ora, e’ il momento di far capire a questi signori che questo suicidio non e’ successo per nulla, e che la prossima persona ad una pubblica accusa in America, in un caso simile. si guardera’ indietro e vedra’ le teste degli accusatori di Aaron Swartz cadute miseramente dopo questa tempesta.
Grazie Aaron.
testo: Merc @ Metro Olografix
immagine: Sage Ross (Aaron Swartz a Boston, nel 2009; licenza CC-BY-SA 2.0). Edit by Dj Batman @ Metro Olografix.